Sono riuscita a vederlo. Finalmente, direte voi. Già, perché è praticamente impossibile trovare film come questo nelle desolanti multisala di provincia.
Difficile dire l'emozione di un'opera come Il sale della terra (W. Wenders, 2014), ri-narrazione - di e a partire da immagini - della vita e dell'impegno sociale del fotografo brasiliano Sebastião Salgado. In esso, l'intera parabola dell'umanità: la (com)passione per le persone, la curiosità e il rispetto per la differenza; la disillusione e lo sdegno per un ciclo - quello della violenza - che implacabilmente si ripete, in momenti e a latitudini diverse; la rabbia impotente - urlata attraverso la macchina fotografica - per la tragica indifferenza-rimozione collettiva da parte di governi e abitanti del "primo" mondo.
Ma anche, fortunatamente, la speranza e la rinascita, coltivate ritornando al principio (alla Genesis) e rivitalizzando, in senso metaforico e letterale, le proprie radici.
Un grazie commosso a Sebastiao Salgado, e a un regista come Wim Wenders, anche lui a proprio modo testimone e custode del lavoro di persone e mondi "altri".
Nessun commento:
Posta un commento