E' consigliato parlare con gli sconosciuti ...

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domenica 30 novembre 2014

Los Angeles, Pianura Padana


Guano Padano - Americana
[Ipecac, 2014]

E' curioso, anzi, forse nemmeno poi tanto. Alessandro Stefana, Zeno De Rossi e Danilo Gallo hanno un'inventiva, una passione per le radici che guardano altrove e un talento tali da irridere dei Black Keys qualsiasi. Eppure si fanno scelte diverse, con esiti profondamente differenti.

Dopo un debutto entusiasmante (Guano Padano, 2009), un buon secondo album di assestamento (2, 2012), giungono al varco della terza prova, quella della conferma. E optano - l'immagine di copertina, una fotografia originale del 1937, è più che eloquente - per la strada più polverosa e meno comoda.

Un concept sulla letteratura americana "di frontiera" del Novecento, un tributo a miti quali John Fante, Ernest Hemingway, William Faulkner, John Steinback, Edgar Lee Masters e altri che, mea culpa, non conosco. Ma non solo. Quella dei Guano Padano è una "Americana" che non dimentica il merito delle radici italiche: e nel riconoscere il ruolo fondamentale di scrittori come Elio Vittorini, Cesare Pavese e intellettuali come Fernanda Pivano, nel tradurre, organizzare in antologie e conferire visibilità e valore a opere di autori americani anche su suolo nostrano, e nell'attribuire il giusto plauso a opere quali La Luna e i Falò, Lavorare Stanca, Americana.

Ciascun brano è ispirato ad un racconto, un episodio letterario, un romanzo specifico, tutti accuratamente segnalati nel booklet con titolo originale, pubblicazione e traduzione italiana. Per quanto riguarda la musica, c'è forse più frammentarietà del passato: un senso di smarrimento perfettamente calato nello spirito dell'opera, che guarda un po' meno al cinema e all'immaginario western, e tende invece maggiormente a un'idea personale di integrazione di spunti artistici - musicali, letterari e cinematici.

Da segnalare la presenza di Dan Fante, figlio di John, e Joey Burns dei Calexico, entrambi ospiti in veste di narratori.

A voler comunicare, forse, che è una questione più di geografie mentali ed esperienziali che non di cartine di luoghi specifici.




Ad ogni modo auguriamoci che anche la prossima volta non decidano di rilassarsi, prendendo il "treno" come invece consigliava quasi un secolo fa il cartellone pubblicitario. 
Perché viaggiando comodi non si può provare la sensazione del sole sul viso e della polvere sulla pelle; si perderebbe gran parte dei dettagli. Ed è nei dettagli che abitano le differenze e gli sguardi, peculiari, autentici, di ciascuno.