Accade, forse più spesso di quanto possiamo immaginare, che gli epigoni di un gruppo o di musicista influente contribuiscano a renderne nebuloso o impreciso il ricordo. Altro che perpetuare il verbo del maestro, spesso ci troviamo dinanzi ad operazioni di annacquamento; quando va bene a tributi affettuosi o compitini fatti con mestiere; quando proprio va di lusso ci si imbatte in musicisti di spessore (i primi che mi vengono in mente sono gli Antibalas) o in processi di meticciato di alto livello (vedi il recente progetto Classica Orchestra Afrobeat).
Sappiamo ad ogni modo che la realtà è nell'occhio di chi guarda - di chi ascolta in questo caso, ma è innegabile che in questi ultimi dieci-dodici anni siano proliferate band e artisti idealmente riconducibili al calderone afrobeat. Di norma cerco di ascoltarli tutti, perché questa musica, come si dice, è decisamente la mia tazza di tè. E più d'una volta ho scovato gemme preziose e piacevoli sorprese.
Però Fela era Fela. E la sua musica lascia ancora disorientati, disancorati. Molti gruppi ne hanno colto per lo più l'aspetto ritmico e hanno sfruttato le possibilità offerte dagli strumenti a fiato, ma la sua musica era qualcosa di più e di molto diverso. In primo luogo per la valenza sociale e politica: Fela aveva preso una posizione molto netta e definita contro qualunque tipo di imposizione autoritaria e di colonialismo. E poi, da un punto di vista strettamente sonoro, nelle sue composizioni si odono suggestioni e tessiture che rimandano ad altro, che lasciano sospesi in un limbo sfolgorante dove l'highlife e i ritmi dell'Africa Occidentale si accoppiano con groove e giri di basso incendiari, come se le black music di entrambe le sponde dell'Atlantico dialogassero all'insegna del funk. Ma non solo. Riascoltando Zombie, ad esempio(1976; Zombie / Mister Follow Follow / Observation Is No Crime / Mistake), si avverte un'atmosfera sospesa, di creazione in itinere, come di strade che vengono percorse nel mentre vengono tracciate, che non riuscirei a descrivere meglio se non con l'espressione jazz.
E' lui l'unico e autentico black president.
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